“RISPOSTE
DAL PACIFISTA”
Settembre 2005
di Luca Barlascini, Roberto Pennati, Michele
Isella, Sabrina Frigerio
Fa sempre piacere rispondere alle provocazioni,
specie se queste contribuiscono a sviluppare una riflessione costruttiva
su temi di ampio respiro. Quando invece le provocazioni sono prive
di fondamento, come nel caso dell'articolo "Domande al Pacifista",
uscito sul numero di Maggio 2005 della rivista "La Goccia
Briantea", allora rispondere diventa un compito noioso. Ma
doveroso.
Gli autori anonimi (ma non troppo originali) del suddetto articolo
pongono ben dodici interrogativi cui rispondiamo così:
-dalla disamina effettuata nell'articolo in questione si evince
che il movimento pacifista sarebbe ottusamente anti-americano,
a prescindere da qualsiasi altra cosa. Ricordiamo invece che una
componente importante del movimento viene proprio dagli Stati
Uniti, dove alla fine degli anni '60 era divampata la protesta
contro la guerra in Vietnam, mentre alla fine degli anni '90 nasce
il movimento di Seattle, che darà un'anima americana al
movimento pacifista mondiale del nuovo millennio;
-i pacifisti negli anni '80 manifestavano contro la guerra Iran-Iraq,
quando gli Stati Uniti armavano l'una e l'altra parte;
-non è interesse dei pacifisti sapere di che religione
siano le vittime della guerra. Si protestava contro la guerra
in Serbia, dove le vittime erano di religione cristiana;
-i pacifisti sono soprattutto persone comuni che vanno a lavorare.
Non possono vivere di rendita come chi si arricchisce di armi.
Se potessero, manifesterebbero ogni giorno contro tutte le guerre
in corso nel mondo. In ogni caso, i pacifisti lottano per la pace
anche senza scendere in piazza, con il lavoro quotidiano di miriadi
di organizzazioni;
-la gran parte dei pacifisti di oggi ai tempi della guerra fredda
non erano ancora nati o avevano pochi anni. Quindi è scorretto
prendersela con chi oggi manifesta contro la guerra in Iraq;
-in ogni caso, se effettivamente, durante il periodo iniziale
della guerra fredda, il movimento per la pace protestava soprattutto
contro gli Stati Uniti, mentre nulla o poco contestava all'Unione
Sovietica, questo si spiegherebbe, secondo la nostra analisi,
con un dato di fatto non irrilevante: di fronte alla totalitaria
propaganda antisovietica, realizzata dai media del blocco atlantista,
nessun intellettuale o mezzo di comunicazione osava svelare le
contraddizioni nascoste e poco comprensibili, ma non certo insignificanti,
del capitalismo e dell'imperialismo "informale" degli
stati Uniti. Era dunque necessario aprire gli occhi e invitare
la società civile, troppo preoccupata dell'impero del male,
a non trascurare i mali dell'impero del bene! Dagli anni '70,
comunque, con Berlinguer segretario, il PCI, inizialmente molto
legato all'Unione Sovietica, comincia a prendere le distanze e
a portare avanti una politica autonoma. Oggi un movimento pacifista
maturo, con alle spalle una cultura di sinistra pienamente democratica,
protesta contro la guerra e il terrorismo. Quindi i pacifisti
sono preoccupati tanto per le sofferenze del popolo iracheno e
mediorientale, quanto per il terrorismo in America e in Europa,
conseguenza del plurisecolare dominio politico, economico e militare
dell'Occidente;
-le rivoluzioni come quella cubana sono lotte di popolo armate
per necessità. E senza l'appoggio di gran parte del popolo
fallirebbero. I guerriglieri rivoluzionari avevano mezzi limitati
e colpivano obiettivi prettamente militari, mentre le guerre "imperialiste"
si avvalgono di bombardieri e carri armati che distruggono città
intere, compresi donne e bambini;
-noi non ce la sentiamo proprio di applaudire come difensore della
vita e promotore della lotta all'AIDS chi sostiene e ha fatto
largo uso della pena di morte e impedisce che vengano abbassati
i prezzi dei medicinali anti-AIDS nei paesi africani. Saremmo
comunque pronti ad applaudirlo quando le somme stanziate fossero
anche solo un decimo delle spese militari americane, mentre i
dieci miliardi di dollari ne sono una parte infinitesimale;
-la vita e la salute dell'uomo dipendono anche dalla vita e dalla
salute dell'ambiente. Non si dimentichi che il 31maggio 2002 gli
allora quindici stati membri dell'Unione Europea ratificavano
simultaneamente il Protocollo di Kyoto, l'accordo mondiale sulla
riduzione dell'inquinamento atmosferico, mentre gli Stati Uniti
di G.W.Bush dicevano di no. Lo stesso presidente Bush, in occasione
del recentissimo G8 del luglio 2005, sosteneva con decisione che
gli Stati Uniti non avrebbero dato un serio contributo a favore
dell'Africa e dell'ambiente, come proposto dagli altri paesi,
in particolare dalla Gran Bretagna;
-le strumentalizzazioni dei dittatori ci lasciano indifferenti.
Semmai, ci imbarazza pensare che i loro regimi, compreso quello
iracheno, ma non solo (vedi alla voce Talebani, Pinochet e compagnia
bella), si sono affermati grazie ai finanziamenti e armamenti
americani.
DOMANDE NOSTRE
-Chi ci accusa di essere solo anti-americani, è per caso
convinto che il mondo odierno, prodotto di cinquanta anni di politica
della potenza americana, sia l'affermazione di pace, democrazia
e benessere? -Siete anche convinti che da quando gli USA sono
l'unica superpotenza, il mondo ha fatto dei passi avanti sulla
strada della pace, dell'uguaglianza, della democrazia, della libertà?
-Non avvertite la sensazione che la situazione internazionale
sia sull'orlo del precipizio?
Replica l'autore dell’articolo “Domande
al pacifista”, La Goccia Briantea, Maggio 2005:
“... mi ero ispirato ad un articolo che avevo letto e conservato
di Rodolfo CASADEI: ‘30 domande ai pacifisti’
- tratto da Tempi, n. 7, 13 Febbraio 2003.
Noto con dispiacere che i bignami del marxismo
nutrono ancora proseliti. Certe analisi che spiegano in maniera
così meccanica la realtà sociale, facendo derivare
tutto da un unico principio non servono molto a capire, nè
danno nuove idee e forza al movimento per la pace.. Sanno di lezioncina,
sono autospieganti e assertive, si nutrono di un linguaggio sterile
e inanimato che non è in grado né di parlare al
cuore nè alla testa.”
“Grande Spirito,
dammi la forza di accettare
ciò che non si può cambiare,
il coraggio di cambiare
ciò che si può cambiare,
la saggezza per capire la differenza”
(preghiera Cherokee)
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