
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Settembre 2006
CHE COSA È LA FILOSOFIA
(Quarta parte)
L’altro tipo di filosofia, nato in
Grecia, si diffuse in tutto il mondo occidentale. Sorta come esigenza
di attingere una verità autentica frutto della conquista
dell’uomo e, quindi, senza la mediazione della religione,
poggia sulla concezione che l’uomo è un animale ragionevole
e che ogni uomo, secondo quanto diceva Aristotele nella Metafisica,
tende per disposizione naturale al sapere. Ogni uomo è
tendenzialmente portato ad interrogarsi sulla verità di
ciò che lo circonda, a partire dall’esperienza che
ha di se stesso. L’uomo ha sempre voluto e vuole tuttora
trovare risposte esaurienti a quelle cinque o sei domande fondamentali:
“Chi sono?” “Da dove vengo?” “Dove
vado?” “ Come devo comportarmi in questo tragitto
tra il venire e l’andare?” “Perché il
male?” “Cosa mi attende dopo questa vita?” Il
sapere in questa ottica non è più esclusività
di pochi privilegiati, ma ognuno ha in sé la possibilità
e la capacita di contribuire alla sua acquisizione ed al suo incremento.
Una tale filosofia non ha più nulla in comune con la tradizione,
con il pregiudizio, con il mito, con la credenza infondata e ingiustificata
che costituisce l’opinione (doxa) contrapposta al vero sapere
(episteme). La filosofia intesa come ricerca incessante dell’uomo
si contrappone tanto all’ignoranza, che dà solo l’illusione
della sapienza e, in concreto, non offre nessun stimolo alla ricerca,
quanto alla sapienza, che, essendo già possesso della scienza,
ne rende inutile la ricerca. Nella ricerca del sapere la filosofia
può assumere tre aspetti diversi che hanno dato origine
ad altrettante concezioni fondamentali: metafisica, positivistica
e critica. Il punto di vista metafisico, che ebbe il suo periodo
di maggior sviluppo nell’Antichità e nel Medio-Evo,
oltre naturalmente la sua presenza nei grandi sistemi dell’Idealismo
tedesco e italiano, concepisce la filosofia come l’unica
forma di sapere, per cui le altre scienze o si risolvono nella
filosofia oppure sono ridotte a giocare un ruolo marginale e meramente
propedeutico ad essa. Fuori della filosofia non vi è alcuna
possibilità di ricercare autonomamente la verità,
in quanto una conoscenza o si caratterizza come filosofica o non
può neppure aspirare ad essere definita conoscenza. Al
di fuori del recinto della filosofia vi è spazio solo per
un sapere imperfetto o, al massimo, preparatorio alla filosofia,
ma privo di qualsivoglia valore conoscitivo. Questa concezione
è rimasta attiva in alcune tendenze della filosofia moderna,
denominate appunto “metafisiche” e che hanno finito
col considerare le varie scienze aspetti di una scienza universale
che è la filosofia, la sola che, secondo l’ideale
cartesiano, può essere una scienza dai fondamenti assoluti.
L’angolo visuale positivistico, invece, posto che la conoscenza
appartiene alle scienze particolari, finisce col dissolvere la
filosofia in esse attribuendole solo il compito di unificarle,
attraverso la raccolta dei risultati, in una visione globale dell’intera
realtà. Nasce nel XVI° secolo con Bacone che concepiva
la filosofia una scienza con la funzione primaria di dividere
e classificare le altre scienze, dando loro al tempo stesso una
metodologia. Anche per Hobbes e gli Illuministi la filosofia si
identificava con la conoscenza scientifica. Secondo i Positivisti
la filosofia doveva raggruppare e coordinare i risultati delle
varie scienze per poter giungere ad una conoscenza quanto più
generale possibile. I Neo-empiristi, muovendosi sulla stessa scia,
hanno visto nella filosofia una sorta di “scienza unificata”.
Secondo la concezione critica la filosofia si riduce a pura metodologia.
La filosofia non ha più il tradizionale compito di incrementare
il sapere, ma la funzione di vedere se sussiste innanzitutto la
possibilità di un sapere e poi saggiarne il grado di validità.
Locke, capostipite di questa concezione, nel “Saggio sull’intelletto
umano” si prefiggeva di verificare le capacità della
mente umana e vedere quali oggetti potevano essere alla sua portata
e quali trascendevano, invece, le sue possibilità di comprensione.
L’esponente maggiore fu però Kant, la cui filosofia
non per niente è chiamata “Criticismo”: compito
precipuo della filosofia critica è constatare da dove viene
il sapere umano, in quale ambito questo sapere può essere
legittimamente utilizzato e quali sono i limiti che la ragione
umana incontra lungo il suo processo conoscitivo. Questa funzione
della filosofia sarà giudicata assurda da Hegel, perché
in tal modo si arrivava al paradosso di voler conoscere prima
ancora di avventurarsi nel campo della conoscenza, comportandosi
alla stessa maniera di quello scolastico che voleva imparare a
nuotare senza immergersi però nell’acqua.
(Continua)
lbuttinifilos@aliceposta.it
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