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GIUSEPPE PARINI: il poeta bistrattato (parte settima)

Settmbre 2006
di Eros Baseotto

L’estate, stagione di gossip (perdonatemi questa brutta parola) per merito dei quali alcuni rotocalchi sembrano sopravvivere, ormai giunge al termine e molto probabilmente quando leggerete queste note l’autunno avrà già fatto la propria entrée indossando l’abito migliore; dai colori degni della tavolozza di Monet. Il rosso degli aceri verrà abbinato al giallo intenso delle robinie e il marrone, che pian piano tinge i ricci dei castagni, verrà esaltato dalla vicinanza del rubizzo colore delle uve appena vendemmiate. Le avventure e gli amorazzi tra i cosiddetti “vip” svaniranno sotto la coltre sempre più spessa delle foglie, ma a noi resta lo spazio per un ultimo scoop che… casualmente… riguarda il nostro ormai caro amico Giuseppe Parini. Potremmo definire quello che sto per scrivere un “gossip ante litteram”. La notizia non è certamente apparsa su nessun tabloid e sicuramente non è stata accompagnata da nessuna fotografia sfocata scattata attraverso zoom dalla focale improponibile, ma certamente può stuzzicare la nostra curiosità nei confronti del poeta bosisiese. E va bene non indugio oltre e sparo la mia “bordata da 90”: nel 1773 Parini si innamorò di una gentildonna Milanese! Probabilmente si trattava di Francesca Castelbarco Simonetta, e quella del poeta era una vera e propria passione amorosa, tant’è vero che nella corrispondenza scambiata con gli amici si parla di “malattia di spirito”. Le lettere che Parini inviò, tra gli altri, al dottor Giuseppe Paganini provenivano da Rovagnate, Cantù e altre località della Brianza la cui “salubrità dell’aria” giovò non poco al poeta. In quei luoghi, infatti, si rimise dalla febbre terzana che lo aveva assalito. Il buon medico, agendo da “ruffiano”, accludeva alle sue missive quelle della nobildonna milanese. Nelle repliche di Parini possiamo leggere: «Ho ricevuto colla tua lettera anche l’acclusa. Non so esprimerti quanto io sia obbligato a chi l’ha scritta. Bisognerebbe essere il più caparbio; anzi il più ribaldo degli uomini, a non credere che le espressioni in essa contenute non provengono da un cuore sincerissimo e sensibilissimo. Ti prego efficacemente di farne i miei ringraziamenti a chi si deve col massimo calore della tua eloquenza, per così esprimere, almeno in parte, la forza della mia soddisfazione e della mia riconoscenza...» Naturalmente il bosisiese non impegnava la sua penna solamente per questioni di cuore e oltretutto l’idea di amore e innamoramento non deve assolutamente essere intesa come la possiamo intendere noi oggi. L’amore di cui si parla deve essere assimilato a una “platonica tenerezza” che trscinava i due “innamorati” in un tourbillon di epistole, odi e dediche; mescolate a una discreta corte imperniata su ampollosi complimenti, passeggiate e candidi baciamano. Dopo la doverosa parentesi chiarificatrice torniamo alle fatiche letterarie di Parini che nel 1774 scrisse la cantica “Per una festa da ballo del Principe Chigi” e sul finire di quello stesso anno consegnò al ministro Firmian il “Piano per la riforma dei libri elementari scolastici”. Due anni dopo, nel 1776, venne inaugurata a Brera l’Accademia delle Belle Arti, e il poeta, pur continuando nella sua veste di insegnante di eloquenza presso il Regio Ginnasio, assunse anche il ruolo di insegnante di Belle Arti per gli iscritti al nuovo istituto. In quello stesso anno Papa Pio VI gli accordò una pensione annua di cinquanta scudi romani, risollevando non poco la situazione finanziaria di Parini. Sempre nel 1776 la fortuna arrise ancora una volta al poeta che ottenne, a titolo gratuito, un alloggio presso Brera; dove rimase fino alla morte.
L’anno 1780 vide la scomparsa di Maria Teresa d’Austria e la società patriottica commissionò a Parini la stesura di un elogio per l’imperatrice. Questi si mise di buona lena per produrre lo scritto. Chiese a Firmian notizie in merito alle virtù dell’augusta imperatrice, ma tutto inutilmente, poiché gli riusciva molto difficile scrivere l’elogio della defunta. A tal proposito Francesco Reina scrisse: «Fondatasi nel 1776 la Società Patriottica, Parini vi fu ascritto. La Società medesima ordinogli poi di stendere l’elogia funebre di Maria Teresa Imperatrice. Accettatone l’assunto non trovò egli mai un più fiero contrasto nelle sue affezioni: quante volte tentò l’opera, tante se ne trovò incapace; e per riescirvi, sollecitato dall’amico Gian-Rinaldo Carli si ridusse in villa; ma indarno: io non trovo, diceva egli, veruna idea soddisfacente, su cui tessere l’elogio della Imperadrice: ella non fu che generosa: donare l’altrui non è virtù. Biasimava inoltre la segreta inquisizione, di cui grandemente si compiaceva la Imperatrice, ed i privati gravissimi disordini della famiglia di lei. L’uomo ingenuo non seppe vincere la propria repugnanza, e si disse incapace dell’impresa, per assoluta smemoraggine.» Beh, anche per questa “puntata” siamo giunti al termine. Lasciamo Parini ad arrovellarsi sopra il foglio di carta bianca che continua a restare bianca, mentre la penna, più volte intinta nel calamaio, rimane ferma a mezz’aria con l’inchiostro che inutilmente secca. L’autunno, come si è detto è alle porte; il tempo della spensieratezza estiva ha ormai le ore contate. Il momento di ritornare alla realtà è giunto o, per dirla con le parole di Montale, “L’illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.”. Ma questa è un’altra faccenda e… magari ne parleremo più avanti. Per ora non posso far altro che augurarvi un buon rientro nella “vita normale” e suggerirvi di non indugiare troppo nella malinconia che accompagna la fine dell’estate. Riponiamo la stagione calda nell’armadio, come si fa’ con gli abiti leggeri e, dopo aver indossato un maglione, accogliamo la nuova venuta. La temperatura sarà senza dubbio più bassa, ma basta una passeggiata sulle rive del lago o ai margini di un bosco per riscaldarsi lo spirito con i colori dell’autunno, ma anche di questo ne parleremo… un giorno!

Eros Baseotto

 
 
 
       

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