Questa
è la guerra, bellezza! Gli ostaggi si liberano armi alla
mano, non pagando
Settembre 2007
... da www.carlopanella.it

Niente Gino Strada, niente striscioni piagnoni
sul Campidoglio: i due soldati italiani sono stati liberati entro
poche ore con un’azione armata lanciata all’alba.
Uno scontro a fuoco serio e determinato: cinque rapitori sono
stati uccisi e uno dei nostri soldati è ferito, forse in
modo grave.
Così si fa, così si deve fare in guerra.
Non si pagano mazzette sottobanco, non si arruolano infiltrati
del nemico che ti additano come hitleriano, non si fa, insomma,
tutto quel che il governo Prodi (ma ahimé, in parte, anche
il governo Berlusconi) ha sempre fatto con gli ostaggi.
Ma va detto che questa scelta coraggiosa, retta, politicamente
pagante è stata intrapresa solo e unicamente perché
il centro decisionale non si trovava a Palazzo Chigi, ma nel comando
militare Isaf.
I due nostri militari non sono stati considerati ‘’italiani’’,
ma parte di un contingente multinazionale che ha deciso su di
loro in totale autonomia. E’ probabile che il ministro Parisi
abbia dato il suo assenso (è una delle poche persone serie
del governo) ma anche se non l’avesse dato, l’azione
militare sarebbe stata decisa.
E sarebbe partita anche con un rischio elevato per i prigionieri.
Perché un esercito non può che fare così.
Resta ora sempre un ostaggio, in questa vicenda, ed è Prodi
che ieri è stato per l’ennesima volta sbertucciato
dal suo fondamentale alleato Oliviero Diliberto che ha definito
‘’assurda’’ la guerra in Afghanistan e
che -da cornacchia qual’è, anche se di grande simpatia
umana- ha subito chiesto il ritro del nostro contingente.
Una figura meschina, sulla scena internazionale, da parte di un
governo che già aveva suscitato le ire degli ambasciatori
che hanno uomini nella missione Isaf in Afghanistan, per il modo
indegno con cui aveva condotto le trattative con Dadullah, poi
ucciso in battaglia (il fratello che fu liberato e che D’Alema
davanti al Parlamento giurò non essere un combattente,
adesso ha preso il suo posto come comandante militare talebano
nella zona!)
Sicuramente, quel precedente ha pesato sui modi e sui tempi dell’azione
e ha ulteriormente motivato il comando militare Isaf ad agire
in fretta, prima che la politica romana irrompesse di nuovo nel
souk di Kabul, combinando disastri vergognosi.
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