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Tokio è sparita la frutta: il motivo è il prezzo!
Settembre 2009

Si può rinunciare alle lane pregiate,
si può rinunciare all’oro e ai brillanti, si può
smettere di mangiare la carne rossa, persino al pane si può
rinunciare. Ma l’umanità non può rinunciare
alla frutta, alla sua bontà e bellezza. E invece nel ricco
e civile Giappone – speriamo che non debba succedere anche
da noi, anche se esistono seri presupposti – bisogna rinunciarci.
Infatti a Tokio la frutta è un bene di lusso; che addirittura
le ciliegie vengono vendute una a una; cinquanta dei nostri euro
è la cifra che occorre per “una mele rossa, lucidissima,
o quattro fragole, altrettanto rosse, perfettamente identiche.
Una banana. Dieci o quindici acini di uva, staccati l’uno
dell’altro. Quello che può cambiare è il contenuto.
Un’arancia invece di una mela, ciliegie al posto delle fragole.
Quello che non cambia, se non con le dimensioni, è il prezzo.
Eppure è difficile immaginare la civiltà umana senza
frutta, che in ogni tempo ha ispirato artisti di ogni genere,
letterati, pittori e scultori, e che, da sempre, alimenta la fantasia,
stimola ogni genere di metafora, dalla purezza infantile sino
all’erotismo: la mela proibita di Eva, i quadri di Caravaggio,
il giardino dei ciliegi di Cechov…..
Karl Marx che pure si era spinto a prevedere “scientificamente”
ogni genere di sparizione: della borghesia, della morale, della
religione, e poi dello Stato, degli eserciti e persino del denaro.
Ma non aveva previsto la sparizione della frutta.
Nel Giappone dei ricchi, dell’abbondanza e dell’invenzione,
dove dominano la cultura di impresa e la fantasia sociale, nel
Paese che fabbrica e produce il meglio di ogni cosa, nel mondo
della tecnologia e della raffinatezza più sofisticata,
insomma nel Castello della Modernità è sparita la
frutta, non ci sono più le fragoline, i mercati rionali,
i grappoli d’uva, le pere cosce, le prugne secche e il cocco
fresco.
La sparizione della frutta a Tokio è infatti un fenomeno
epocale, ben più significativo, funesto e tragico della
sparizione delle lucciole nell’Italia di Pasolini. Prima
sparirono i cavalli nei luoghi di lavoro, poi gli operai furono
sostituiti dalle macchine, ora tocca alla frutta, al gusto, al
morso, al sapore, alla masticazione, all’uso della bocca
e dei sensi.
Nell’universo virtuale che si prepara, fatta di alta tecnologia
e di microchip, non ci sarà più nulla di organico
e di fisico e dunque, gli uomini e le donne, ridotti ad accessori,
non potranno neppure scambiarsi un bacio, e presto nessuno capirà
come mai i baci di Lesbo fossero per il poeta Baudelaire “freschi
come le angurie”.
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